Pochi sanno che ho sognato questo viaggio per tutta la vita: la mia Russia, una fortissima attrazione per questa terra, in cui la disparità sociale è ancora elevata e la realtà supera grandemente i racconti. La vera Russia inghiotte ed affascina e il mio obiettivo era proprio questo: oltrepassare i confini di Mosca e di San Pietroburgo per essere inghiottita ed affascinata dalla Russia più profonda e selvaggia, lungo la tratta della ferrovia Transiberiana.
L'ARRIVO A MOSCA
Sono partita da una Milano il 26 gennaio 2020: il periodo perfetto per affrontare la Russia se, come me, soffrite il freddo 😂.
Un volo con la compagnia Utair che in meno di 4 ore mi ha trasportata in una Mosca buia, ventosa e spruzzata di neve.
Atterrata a Mosca la situazione ha incominciato a rendersi surreale: nessuno parla inglese in Russia, neppureil personale dell'aeroporto (VKO). Ci ho impiegato diversi minuti per spiegare all'impiegato del controllo passaporti che non avevo un'idea ben precisa di dove sarei andata, ma che intendevo girovagare un po' per la Russia avendo come unica tappa certa la O'blast di Novgorod (prima parte lungo la tratta della ferrovia Transiberiana).
In Russia, durante il controllo passaporti, viene compilato e rilasciato un foglio nel quale il personale aereo indicherà i vostri dati anagrafici ed i possibili spostamenti, in caratteri cirillici.
A Mosca ho raggiunto Alberto e Rodica, i miei compagni di viaggio, partiti dalla Moldavia per affrontare con me questa avventura.
Cadeva una neve sottile ed insistente su Mosca, faceva freddo ma non era un clima più insopportabile di quello che possiamo affrontare in Valle d'Aosta nello stesso periodo. Ci siamo subito concessi una cena georgiana in un locale tipico (in Russia la cucina georgiana è molto diffusa).
Il primo impatto con la Russia è stato emozionante, non avevo mai viaggiato in un paese in cui la scrittura fosse diversa da quella europea, per cui trovarmi a fare i conti con caratteri differenti e, soprattutto, con persone che non parlano né scrivono la lingua inglese, è stato impegnativo.
L'appartamento che avevamo prenotato era straordinario: oltre 180 mq a 10 minuti a piedi dalla Piazza Rossa, con stanze arredate come la corte degli Zar e pareti coloratissime e riccamente dipinte, il tutto per l'equivalente di circa 17 euro al giorno, a persona. Ho imparato sin da subito che la vita in Russia costa davvero poco.
La prima giornata a Mosca rappresenta l'inizio delle mie emozioni: per prima cosa abbiamo raggiunto a piedi la Piazza Rossa, dove ci siamo concessi una tazza di chai, tè. In Russia si beve tè dappertutto, in tutti i luoghi pubblici e privati, ovunque sono disponibili Samovar (bollitori) per servirsi una calda tazza di chai.
Nel pomeriggio ho avuto il mio primo incontro con i quartieri tipici dell'epoca sovietica. Un taxi, una vecchia Lada con i giornali messi a terra per evitare l'umidità , ci ha portati attraverso i quartieri tipicamente sovietici, dove enormi palazzi contengono l'equivalente di un'intera città italiana e dove tutto è grigio ed immenso, dalle case alle strade ad otto corsie che attraversano la città .
Raggiungevamo il posto di lavoro di Kristina, una vecchia conoscenza di Rodica, la quale ci avrebbe portati a cena in un locale tipico. Kristina. e Vania (moglie e marito) si sono dimostrati sin da subito ospitali, sono stati il primo segnale del fatto che i russi non solo non sono freddi come credevo, ma sono incredibilmente amabili e con la tendenza a ricreare sempre un contesto di grande famiglia felice, dove è un piacere mescolare lingue e tradizioni. Sono stati proprio Kristina e Vania ad insegnarmi i "trick" per Vodka come un vero cosacco. Io, astemia, non ho potuto restarne fuori: in Russia si beve Vodka, esimersi fuori discussione, per cui abbiate fede, annusate un crostino di pane nero con sopra una fetta di pesce crudo congelato (una sorta di Stroganina) e preparatevi a buttare giù alla goccia 40 gradi di alcol purissimo.
Quella prima notte a Mosca la ricordo bene: con l'auto di Vania abbiamo affrontato Moscow City, il quartiere dei grattacieli. Sei tra gli edifici più alti d'Europa si trovano proprio qui a Mosca nell'area chiamata anche International Business Center (MIBC), per la sua altissima concentrazione delle maggiori aziende russe e multinazionali estere.
I giorni seguenti a Mosca sono stati dedicati in parte alla cultura: il mausoleo di Lenin, una sorta di piramide a gradoni proprio sulla Piazza Rossa, al cui interno riposa il corpo imbalsamato del leader sovietico, accerchiato dalle tombe di tutti i maggiori esponenti della Sovetsky Soyuz.
In Russia il tempo dell'Unione Sovietica è rimpianto da molti: "A quel tempo non esisteva il materialismo, non c'era tutto il male che il consumismo porta nel cuore delle persone e la gente si aiutava e sosteneva, supportata da uno Stato amico che offriva una possibilità di rinascita paritetica a tutta la popolazione." (Testimonianza raccolta dalla gente del posto, ancora affezionata al regime dell'Unione Sovietica)
Oltre alla cultura storica non abbiamo tralasciato anche quella culinaria, con un viaggio nei mercati dei bassi fondi moscoviti, dove oltre a tonnellate di verdure in salamoia dall'odore acre, vengono vendute teste e grasso di pecora e caviale, uova di pesce ovunque come fossero caramelle. L'odore della carne di pecora aleggia dappertutto, la "barà n" (pecora), veien servita generalmente bollita ed è considerata una prelibatezza da consumare in qualsiasi momento. In Russia non esiste una vera e propria distinzione dei pasti e degli alimenti: è permesso mangiare tutto a qualunque ora del giorno e della notte.
In pratica, uscendo da Mosca, rotolavo.
(La pecora bollita però no, è stato più forte di me, non sono riuscita ad apprezzarla 😅)
DESTINAZIONE S. PIETROBURGO
Nella notte del 4° giorno a Mosca, per decisione folle mia e di Rodica, ci siamo imbarcati su un treno di fortuna, un vero e proprio carro bestiame, diretti a S.Pietroburgo, o per meglio dire, come la chiamano in Russia: Leningrado.
La prima notte su un treno russo è formidabile. Una vagone farcito di cuccette molto molto basiche (praticamente delle tavole con stese sopra coperte in lana pruriginosa) dentro cui si riversano personalità di ogni tipo ed un Samovar sempre acceso. Sui treni russi di notte si dorme, si bevono tazze di chai in bellissime tazze caratteristiche, si chiacchiera in un'atmosfera surreale e fuori dal tempo.
Viaggiare in 3° classe è la scelta migliore, per chi vole assaporare la vera Russia: le persone sono cordiali e curiose nei confronti degli stranieri e fanno a gara per comunicare tra gesti e risate.
Al di là del finestrino scorrono distese di neve bianca, il treno va lento e dondola moltissimo offrendo quella sensazione simile alla culla di un bimbo.
Alle 6,30 del mattino eravamo a S.Pietroburgo, su di una metropolitana splendidamente affrescata con l'effige di Lenin, diretti verso una delle abitazioni di Dostoevskij, oggi casa di Ninella, un'altra conoscente di Rodica, che ci avrebbe ospitato per una notte. La famosa ospitalità russa: Ninella si è dimostrata un vero vulcano di eleganza e simpatia e la cena italiana preparata a casa sua è stata fantastica. Sono sempre stata una fredda milanese con l'affettività di un iceberg eppure questa atmosfera si è rivelata per me straordinaria. Quella sera sono state invitate altre persone, russe e moldave ed abbiamo cantato, raccontato e riso tanto, arrancando tra russo, inglese e francese, insieme a persone che hanno saputo farmi sentire in famiglia con la migliore ospitalità che io abbia mai sperimentato.
Il giorno dopo io Alberto e Rodica, ci siamo regalati una visita all'Hermitage ed al Palazzo d'Inverno, lungo le rive della Neva, il fiume ghiacciato di S.Pietroburgo.
S. Pietroburgo è una città molto più europea rispetto a Mosca, elegante e raffinata è una città di arte e di storia. Il Palazzo d'Inverno è magico: ho amato aggirarmi con il naso all'insù tra le sale riccamente adornate di ori intagliati, arazzi e legni pregiatissimi. Ma quello che più ho amato con tutta l'anima è stato il museo dell'Hermitage. Una delle emozioni più grandi che io abbia mai affrontato, al pari del Louvre.
Per me che studio arte da tutta la vita è stato il massimo: era buio e cadeva la neve su S.Pietroburgo mentre io, Rodica e Alberto passeggiavamo al caldo delle sale ammirando le opere di Van Gogh, Renoir, Degas, Monet, Manet, Picasso, Pizarro, Braque, Matisse e Kandinsky.
Una sfilata di emozioni una dopo l'altra, dipinto dopo dipinto tutta la storia dell'arte più bella si snodava fra quei corridoi in un processo evolutivo e propedeutico destinato a scatenare in me il più grande fuoco dei nuovi anni '20.
IN VIAGGIO VERSO LA PROFONDA RUSSIA: KHVOYNAYA
Quella notte stessa siamo ripartiti. A bordo di un altro carro bestiame abbiamo lasciato S.Pietroburgo mentre una banda intonava cori sovietici dalla banchina della stazione Ladozhskaya.
Una notte incredibile: accucciata sotto la mia coperta ed infossata in un cuscino di fortuna fatto con sciarpe e cappotti, guardavo fuori dal finestrino la Taiga scorrere. Il treno procedeva lento, verso la Transiberian Railway, diretto alla O'Blast di Novgorod, la prima tappa della tratta Transiberiana. Eravamo diretti in un paesino sperduto della Taiga profonda, con 3 biglietti acquistati sull'impulso del momento, per una cifra irrisoria alla stazione Moskovsky.
Attenzione: acquistare biglietti direttamente alla stazione è una soluzione molto comoda per chi sceglie di non programmare il viaggio e di cavalcare l'onda, ma è molto complicato se non si conosce la lingua. Nessuno, proprio nessuno, in Russia parla inglese.
Una notte magica, che ci ha visti atterrare nel bel mezzo della Taiga intorno alle 4,30 di una mattina buia, nevosa e fuori dal tempo. Un ragazzo, sceso con noi, ci ha indicato il numero di telefono di qualcuno che avrebbe potuto farci da taxi fino ad un hotel di fortuna, nel paesino di Khvoynaya. Circa 20 minuti dopo viaggiavamo su una Lada impazzita, aperta scaldando le serrature con un'accendino, attraverso la foresta di conifere e lungo una pista completamente ghiacciata.
L'hotel potrebbe essere percepito come un disastro da chi ha più alte aspettative: senza intonaco, senza computer e senza internet. Ma ci sono state assegnate due camere nuove e pulite, con acqua calda e corrente elettrica, un vero lusso niente affatto scontato in questo paese.
Dopo qualche ora di sonno avevamo bisogno di cibo. Ci siamo quindi incamminati nella neve alta e polverosa fino a trovare una casetta di legno adibita a bar/ristorante/tabaccaio/rivendita di liquori ed emporio, in cui ci è stato servito un piatto di deliziosa zuppa di cavolo con panna acida e pane nero. Cibo semplice e di produzione naturalmente locale, ma posso dire che è stato uno dei piatti migliori che abbia assaggiato in Russia.
Da li è iniziata la vera avventura.
Ci siamo addentrati ancora più in profondità nella foresta, dove vivono solo i lupi e pochi esseri umani, in capanne di legno senza acqua corrente né elettricità . Spazi immensi di neve bianca e polverosa.
E' difficile raccontare il fiume di emozioni che si provano in mezzo al silenzio di un posto come questo. Lontano dal mondo, dove ogni più piccola ricchezza appare amplificata, dove non esiste materialismo e non importa né il trucco né il vestito, dove la mente ed il cuore sono finalmente liberi.
Profonda Russia.
Nella Russia più autentica esiste ancora, nel modo di vivere, la Sovetsky Soyuz, l'Unione Sovietica. Radicata nelle mura senza intonaco e nelle pesanti porte di ferro pieno dell'unico spaccio locale, dove si vende un po' di tutto, dai beni di prima necessità alle tinozze di alluminio, dai giocattoli per bambini a pochi e pratici indumenti per lo più confezionati in loco.
Il cibo venduto è quasi esclusivamente di produzione russa e locale. Solo poche bottiglie di Coca Cola testimonia i segni di una globalizzazione che qui in Russia non ha mai completamente attecchito. Fra gli scaffali c'è una scelta di Vodka più ampia rispetto a quella che c'è di altri alimenti.
In Unione Sovietica la Vodka era considerata uno dei quattro beni di consumo primari, insieme al pane, al cavolo e alle patate. Tutto il resto era un bene di lusso. La Vodka ancora oggi è una risorsa primaria in Russia, nei villaggi meno industrializzati: costa relativamente poco e riempie tanto la pancia. Nell'unico negozio di alimentari del posto abbiamo trovato una scelta di Vodka più ampia rispetto a quella di frutta, verdura o carne.
Attenzione: difficilmente troverete carne fresca nei piccoli villaggi della profonda Russia. Si consuma poca carne essiccata, che costa però molto cara, verdura (per lo più cavoli) e pesce. Il pesce viene pescato in loco e venduto essiccato oppure congelato. Il pesce, mangiato crudo e congelato, è una delle specialità locali chiamato stroganina e consumato per lo più nelle aree della profonda Siberia.
A Khvoynaya abbiamo conosciuto una coppia di abitanti del posto e siamo stati (naturalmente) ospitati a casa loro, in una vecchia e scricchiolante struttura di legno lontana anni luce dalle comodità alle quali siamo abituati.
La prima cosa che ho visto, avvicinandomi alla casa, un'abitazione a più piani simile ad un rudimentale condominio, è stato un uomo appostato sul ballatoio esterno con una vecchia sedia ed un cappello di pelo da cacciatore in testa.
Non escludo che fosse di guardia all'abitazione.
Un cane lupo mi è venuto incontro dandomi il suo umido benvenuto, attorno a me un pozzo rudimentale ed una struttura di legno sull'orlo del decadimento, che, come ho scoperto poco dopo, era la toilette comune.
Invitata da Rodica, la sola a parlare russo tra noi (io posso però dire di avere sviluppato in pochissimo tempo un dignitosissimo russo di sopravvivenza), mi ha invitata ad entrare nella casa e li sono rimasta pietrificata.
Un corridoio buio in legno grezzo sul quale si affacciavano tante porte rudimentali e spesse, come quelle di un carcere. Un ingresso minuscolo, nel quale ho lasciato i miei stivaletti di pelo (acquistati per 1.000 rubli, circa 14 euro, in un centro commerciale di Mosca), conteneva una stufa a legna, una tinozza di alluminio piena di acqua sporca ed una quantità di patate mezze sbucciate. L'odore di patate e aceto per conserve permeava l'aria già pregna di umidità . Oltre l'ingresso una sola stanza, grande quanto il palmo di una mano, ingombra per tre quarti da un divano letto aperto e sommerso da un copriletto a fiori che aveva sicuramente visto tempi migliori. Una poltrona sforacchiata, nella quale mi sono rannicchiata, anch'essa ingombra di coperte, una credenza in stile DDR ricolma di conserve fatte in casa, pareti rivestite di carta da parati marcia per più della metà della sua superficie ed un pavimento sollevato dall'umidità .
N. (La moglie) ha poco più di 40 anni e vive li dentro con suo marito M. da circa 20. Ha gli occhi azzurri luminosissimi ed un sorriso aperto, ti parla in russo come se fosse la tua lingua natale e ti abbraccia affogandoti nel suo corpo sformato. I Russi ti abbracciano sempre, un gesto che solitamente detesto ma che qui ho amato, come si fa a rifiutare di tuffarsi dentro qualcosa che viene offerto con tanta semplicità e calore umano?
Mi sono rannicchiata nella poltrona ed ho guardato fuori dalla finestra, sul davanzale una fila di piante aromatiche, fuori solo neve e qualche capanna di legno da cui usciva un timido fumo. In casa niente acqua corrente, né bagno, né un armadio né un elettrodomestico. Quella gente vive da sempre senza nessuna delle più basilari comodità che noi diamo così tanto per scontate, era tutto così incredibile, eppure io in quel contesto mi sentivo viva, mi sentivo a casa.
Durante i miei ultimi e sempre più frequenti viaggi ho scoperto di avere un incredibile spirito di adattamento, ma questa Russia mi stava insegnando che non è solo adattamento, è la mancanza di comfort a concedermi il più grande lusso di provare emozioni forti. Nel vuoto io mi sento al sicuro, nella scarsità io mi sento a casa. Da vorace consumista non avrei mai immaginato di cambiare così tanto, eppure il mio avere abbracciato un modello di vita improntato alla semplicità volontaria ha confermato proprio qui in questo posto le sue più nobili intenzioni.
Ho continuato a perdere lo sguardo fuori della finestra per tutto il pomeriggio.
Veniteci in Russia, ma non a fare una vacanza. Andate oltre lo sfarzo imponente delle grandi città , mescolatevi con la gente dei piccoli paesi dispersi nella Taiga, entrate nelle case ed ascoltate le loro storie.
Veniteci a viverla questa Russia, venite a respirare la neve fatta di polvere, a guidare una Lada su strade lastricate di ghiaccio a riempirvi la pancia con zuppa di cavolo e Vodka. Lontano da tutti, venite a svuotare la mente e ad aprire un po' di più le vostre vedute. Venite a viverla questa Russia, laddove uno degli ideali politici fondato sulle più nobili intenzioni infetta ancora la vita stessa, con la piaga delle sue stesse (purtroppo) utopiche radici.
Siamo usciti a mangiare quella sera, nello stesso posto in cui abbiamo riempito la pancia con zuppa di cavolo i giorni precedenti. Non aspettatevi però di trovare in Russia un ristorante come lo intendiamo in Italia. In Russia si ordina cibo semplice e si magia tutti insieme dallo stesso piatto. Con posate di fortuna, in latta, simili a quelle usate dai soldati durante la guerra di trincea. E si beve Vodka, tanta Vodka, fino a perdere i sensi.
Per questo motivo non è consigliabile fare le ore piccoli in questi villaggi, in un luogo in cui una persona sopravvive con uno stipendio di circa 2.500 rubli al mese - circa 35 euro - è meglio non mostrare denaro o smartphone, e ancora più saggio è rintanarsi presto.
IL RITORNO, UN VIAGGIO DELLA SPERANZA
Siamo ripartiti da Khvoynaya sempre di notte. Altri treni, tante ore trascorse sui vagoni lungo i binari ghiacciati.
Per vivere su un treno ci vuole tanto spirito di adattamento. A vivere su un treno ti abitui a tante cose: a fare a meno del trucco, a vestirti comoda e a cambiarti in mezzo ad altre persone in un corridoio largo 40 cm, a magiare e bere quello che capita quando capita, a lavarti in un minuscolo buco di alluminio, a condividere un letto singolo di circa 50 cm x 160 con persone mai viste prima.
Da Khvoynaya a S.Pietroburgo, dove abbiamo fatto una sosta di circa 7 ore bighellonando fra la stazione e i negozi lungo la strada, e da S.Pietroburgo a Mosca, dove Kristina è venuta a prenderci e mi ha offerto il suo divano, sul quale ho speso un paio d'ore di sonno prima di riprendere il volo che mi avrebbe riportata a Milano.
E' semplice sentirsi piccoli e sperduti in un luogo come questo, ed è qui, proprio per la mia mancanza di compagnia che ho "adottato" Boris, una foca di peluche che ha accompagnato le mie notti sul treno dondolante, le mie notti nella Taiga. Boris ha rappresentato per me un legame con la realtà nel momento in cui sentivo la realtà sfuggirmi di mano e rimodellarsi sotto le mie dita prendendo una nuova forma. Boris è diventato oggi la mascotte di tutti i miei viaggi, insieme ad un vecchio diario comprato a Parigi raccoglie i miei pensieri e le mie paure, i miei scoppi di entusiasmo e le mie sensazioni all'interno di quegli angoli di solitudine che qualsiasi viaggio, anche il più insulso, merita per potersi elevare ad avventura.